La via dei briganti

Il sostegno della popolazione

Il brigantaggio fu un fenomeno strettamente legato a un mondo diviso in ceti sociali. Perciò talvolta i fuorilegge erano visti dalla popolazione contadina con benevolenza, a volte offrendo loro coperture o sostegno. Il brigante incarnava colui che rubava ai ricchi in quanto rappresentante di un mondo di emarginati che nella vita aveva spesso quali alternative la fame o la servitù. 

D’altronde solo chi possedeva una certa disponibilità economica poteva permettersi all’epoca di partire per un viaggio d’affari o di piacere. Chi invece lasciava il proprio villaggio, lo faceva solo con la speranza di trovare altrove un lavoro in grado di sfamare la propria famiglia. 

Ciò non toglie che i briganti si macchiarono di crimini orrendi e che talvolta le rapine finivano con violenze od omicidi. Perciò la repressione delle autorità fu altrettanto cruenta. Quando i casi di brigantaggio aumentavano, venivano inviate guarnigioni al passo del Monte Ceneri per istituire dei posti di guardia. Ancora nel Settecento, i malfattori che venivano scoperti vedevano la loro testa decapitata esposta su delle picche poste in cima al valico. 

Un raccapricciante messaggio per far comprendere alla popolazione cosa accadeva a chi violava le leggi. 

Quando c’era Barbanera

La Via del Ceneri è stata per secoli una via in grado di collegare il Nord e il Sud delle Alpi. Nel bene, favorendo commerci, pellegrinaggi e spostamenti di persone da una città all’altra, ma anche nel male, con il transito di eserciti invasori. Tra i mali che comportava la presenza di una via di traffico senza apprezzabili alternative, qual era il passo del Monte Ceneri, vi erano anche gli assalti dei briganti. Queste selve dovettero essere uno dei punti dove era più facile incontrare un’imboscata messa in atto da banditi. A essere presi di mira erano soprattutto i mercanti di bestiame e di altri beni che si recavano verso i mercati lombardi e del Sottoceneri. Si hanno notizie del fenomeno del brigantaggio lungo la Via del Ceneri già in epoca medievale. 

Nel 1309 sono documentate diverse proteste di mercanti lucernesi e in una pergamena del 9 novembre 1367 si accenna a una rapina con omicidio. Nella seconda metà del Seicento vi sarebbe stato l’apice del fenomeno. All’epoca più banditi, tra storia e leggenda, paiono dividersi il territorio per taglieggiare i passanti. I briganti avevano nomi evocativi: Il Carbonaio, Tagliabrache, Cocagna, Il Rosso, Barbanera, Pelaboschi, Fra Volpone. C’era chi aveva sulla coscienza numerosi omicidi e chi pare avesse la mano meno pesante con le sue vittime. Raramente morivano nel proprio letto. Alcuni di loro furono uccisi negli scontri con le guardie, altri finirono i loro giorni sulla forca, qualcuno cercò invano di fuggire oltre il Gottardo.

L’ultimo assalto

I briganti continuarono a imperversare lungo la Via del Ceneri anche dopo l’apertura della carrozzabile nel 1811 e l’avvio del servizio di diligenza postale nel 1835. E fu proprio la diligenza federale che partì la sera del 12 ottobre 1864 da Bellinzona, diretta a Lugano, la protagonista dell’ultima rapina di banditi nei boschi di Robasacco. Le cronache dell’epoca raccontano che poco dopo la mezzanotte, mentre i cavalli procedevano al passo sull’erta verso il Ceneri, si udirono spari nella selva. La carrozza si ritrovò circondata da uomini armati di pistole, fucili, spade e pugnali. 

A condurre l’attacco fu Costantino Genotti, un leventinese dalla fama di ladro romantico, che rubava il bestiame per regalarlo in parte ai poveri, e che aveva assoldato un gruppo di malviventi
a Milano. 

Qualcosa però andò storto quella notte, uno dei dieci occupanti la diligenza, un negoziante lombardo, venne ucciso con un colpo di pistola. Il postiglione restò sfigurato al volto da un proiettile. I banditi fuggirono con il bottino, ma ben presto la banda fu sgominata. Gli arresti scattarono poco dopo in Italia, dove i malviventi si erano rifugiati. Genotti venne estradato e condannato alla pena capitale nel 1866. Non fu però mai eseguita. Il movimento contro la pena di morte si stava diffondendo anche in Svizzera, e perciò fu commutata nella detenzione in carcere. Genotti morì in quello di Lugano nel 1878.